Salama da sugo: un prodotto Igp legato al territorio ferrarese

La salama da sugo è uno degli insaccati tipici della zona di Ferrara più noti e apprezzati in tutto il territorio italiano, tanto che già da alcuni anni ha ricevuto il riconoscimento Igp. Inoltre, un altro aspetto tipico di questo prodotto, è il suo legame con il pane ferrarese tradizionale, anch’esso un prodotto storico della città.

 

Si tratta di un connubio davvero irresistibile, di due alimenti squisiti e provenienti da antiche tradizioni locali. La salama da sugo rappresenta una vera passione sia per gli abitanti della zona di Ferrara e dintorni, sia per visitatori e turisti. Da oltre 500 anni, la produzione di questo famoso insaccato è resa possibile grazie alla tradizione dell’allevamento del maiale, e dalla presenza di un microclima ideale e unico, che favorisce la stagionatura.

 

La salama è un prodotto di chiara origine popolare e contadina, tuttavia parrebbe che, o almeno la leggenda così narra, proprio Lucrezia Borgia, consorte di Alfonso d’Este, era solita portare questo alimento povero ma gustoso sulla tavola dei nobili dell’epoca.

 

Una sorta di opera d’arte da mettere in mostra, e spesso anche da offrire in regalo a qualche aristocratico, perfino a Lorenzo il Magnifico.

 

Come viene preparata la salama da sugo

 

Ancora oggi, la salama da sugo viene preparata in base alla tradizione storica. Si utilizzano diversi tagli di carne, tritati e insaccati, con l’aggiunta di sale, pepe, vino rosso, spezie e talvolta anche di rhum. Le dosi e le proporzioni tra i vari ingredienti rappresentano una sorta di segreto tra i produttori locali, ognuno dei quali possiede una sua ricetta personale e tramandata da una generazione all’altra.

 

La stagionatura della salama da sugo è di circa un anno, successivamente a questo periodo l’insaccato si ricopre di un sottile strato di muffa, che viene rimosso per procedere con la cottura. È proprio la cottura il cuore della procedura di preparazione della salama, durante la quale si forma un interno morbido e sugoso, il cui gusto è arricchito dalla presenza delle spezie e degli aromi particolari.

 

Non a caso la cottura rappresenta anche la fase più complessa e delicata della produzione di questo insaccato.

Storia del tè: l’evoluzione del tè nel corso degli anni

Il tè è la seconda bevanda più diffusa nel mondo. Nonostante le sue origini siano tanto lontane nel tempo, si parla di millenni, la storia di questa bevanda non smette di incuriosirci e affascinarci. Oggi, nel mercato mondiale, sono presenti diverse varietà di tè, con gusti e sapori differenti. Alcune di queste varietà di tè sono coltivabili solo in alcuni paesi a causa del clima richiesto dalle piante, mentre altre sono più semplici da gestire e si adattano a microclimi diversi. Data la grande diffusione del tè, comunque, non stupisce che molti si siano interessati alle metodologie impiegate per coltivarlo; per questo stanno riscuotendo molto successo le coltivazioni di tè biologiche e sostenibili, come quelle di cui si avvale Cupper tè.

Le origini del tè: dalla Cina al Giappone

I primi utilizzi del tè vengono registrati in Cina in epoca remota: nel 2500 A.C. All’epoca la pianta del tè non veniva coltivata per la bevanda che produce, ma per farne un uso medicinale e terapeutico. In particolare, le foglie del tè, una volta tritate e macerate, servivano per la preparazione di decotti e infusi curativi. Ad utilizzare questi metodi curativi erano soprattutto le regioni meridionali della Cina, come lo Yunnan, oggi considerato la patria del tè.
Per molti anni, la coltivazione del tè è rimasta appannaggio esclusivo della popolazione cinese che l’ha trasformato in una bevanda e vi ha sviluppato un settore artigianale attorno. Solo in un secondo tempo, circa nel 900 D.C, il tè giunse in Giappone. A portarlo nel paese del sol levante furono i monaci buddisti che, durante le loro peregrinazione, attraversavano i confini tra India e Cina per poi spingersi fino al Giappone.

La storia occidentale del tè

I mercanti occidentali iniziarono ad affacciarsi al commercio cinese solo durante il XVII secolo. Fu in quel momento che scoprirono il tè. I primi a venire a conoscenza della bevanda furono i portoghesi, subito seguiti dagli spagnoli e dagli inglesi. Grazie ai mercanti e ai loro commerci, quindi, il tè venne trasportato fino al continente europeo, prima, e americano, poi. Sebbene i portoghesi fossero stati i primi a scoprire l’impiego del tè, la diffusione della bevanda in terra occidentale avvenne grazie alla passione del popolo inglese.
Infatti, non appena il tè venne presentato alla corte d’Inghilterra, tra le più importanti e ricche famiglie nobiliari d’oltre manica se ne diffuse un consumo che divenne sempre più grande. Questo consumo crebbe in proporzioni sempre di più, fino a generare un vero e proprio commercio tra Inghilterra e Cina. Ciò fino al 1800 D.C., anno in cui l’Inghilterra, stanca di commerciare con la Cina, riuscì, tramite l’azione di un botanico-spia, a trasportare delle piante di tè in India, nella regione adi Darjeeling, alle pendici dell’Himalaya. In questo modo, la corona britannica riuscì a produrre il proprio tè entro i confini dei territori da lei controllati.
Da allora, il tè ha attraversato tutta l’Europa, alimentando la sua fama e la sua diffusione.

Vaporiera: benefici e quali alimenti si prestano meglio

Usare la vaporiera per cucinare è un metodo salutare che si traduce in una minima perdita di nutrienti dalle verdure. Le ricette che sfruttano il metodo della cottura a vapore inoltre non richiedono l’uso di grassi e sono consigliate a chi segue una dieta povera di questi, ma anche di carboidrati.

Benefici del vapore in cucina

Le ricette di cibi cotti al vapore per dimagrire non devono mancare di sapore e gusto, sebbene queste siano l’ideale per chi sta cercando di ridurre sia i grassi trans che i grassi saturi nella propria dieta.

Secondo la redazione di MyPersonalTrainer, ridurre drasticamente l’assunzione di grassi trans e limitare i grassi saturi a solo il 10% (massimo) delle calorie giornaliere complessive, aiuterà a ridurre la quantità di colesterolo LDL “cattivo” nel corpo. Un modo ideale per farlo è passare dalle ricette che consigliano di friggere cibi nel burro e nello strutto, che sono ricchi di grassi saturi, alle ricette al vapore.

Queste seguono un procedimento molto semplice: la verdura, i cereali o la carne vengono messi in un cestello forato, che viene poi posto su una pentola di acqua bollente. L’aggiunta di condimenti e spezie al liquido aiuterà ad aromatizzare il cibo mentre cuoce (alcune vaporiere elettriche presentano proprio un diffusore d’aromi integrato).

Se non vuoi usare la vaporiera per cucinare, puoi passare al microonde. Aggiungendo un po’ d’acqua in un contenitore, oltre al cibo, e mettendolo nel microonde avrà lo stesso effetto che cuocerlo a vapore sul fornello. Le ricette a base di verdure che utilizzano questo metodo di cottura al vapore manterranno più vitamine e minerali rispetto alla rispettiva variante bollita, fritta o al forno.

Insomma, il massimo per chi è a dieta: la cottura al vapore aiuta a ridurre in modo significativo il conteggio delle calorie, così come il contenuto complessivo di grassi, in qualsiasi piatto.

Alimenti che si prestano meglio alla cottura al vapore

In merito alle migliori verdure da cuocere al vapore, è difficile fare una selezione: quasi tutte si adattano bene. Ciò è dovuto principalmente al fatto che la cottura a vapore è un metodo veloce, ma che allo stesso tempo limita la quantità di esposizione al calore che la verdura riceve (ottimo per mantenere le vitamine idrosolubili).

Per fare una cernita, i broccoli sono una delle migliori verdure da cuocere a vapore. Questo metodo impedisce che due importanti antiossidanti idrosolubili, i glucosinolati e la vitamina C, vengano scomposti e persi durante il processo di cottura.

La cottura a vapore è fondamentale quando si tratta di trattenere la vitamina C nelle verdure. Sono infatti diversi gli studi pubblicati online che dimostrano come le ricette che utilizzano il metodo di cottura a vapore, con una quantità minima di acqua per la cottura e un tempo di cottura inferiore, generalmente hanno portato a livelli più elevati di vitamina C nei cibi cotti.

Anche il riso può anche essere preparato usando una vaporiera da cucina (elettrica o meno). Usare una pentola a vapore per il riso, invece di cuocerlo sul fornello, è un modo semplice. Tutto quello che devi fare è aggiungere la quantità richiesta di riso in un contenitore, esporlo al vapore e cuocerlo fino all’ottenimento della consistenza desiderata.

Allo stesso modo, anche le lenticchie possono essere preparate nella vaporiera. Per ogni tazza di lenticchie secche occorrono due parti di acqua. La resa finale sarà di 2 tazze di lenticchie cotte, che possono essere rese più saporite aggiungendo all’acqua condimenti come una foglia di alloro, spezie e persino spicchi d’aglio, prima di accendere la vaporiera.

Come se non bastasse, la cottura al vapore è un metodo eccellente per esaltare i sapori naturali del pesce. Filetti, pesce intero condito e anche crostacei possono essere cotti al vapore.